Tag Archivio per: comunicazione

her, il film

Her di Spike Jonze verrà ricordato per tre cose: i dialoghi, le pause e la fotografia.

La cosa davvero pazzesca, in termini di comunicazione, è che nel film i dialoghi sono sempre presenti, e la scena si muove con la loro intensità e la frenesia, con la profondità e la dolcezza. E quando i dialoghi si fermano – come se dovessero riposare anche loro – il film frena bruscamente e quasi si interrompe, concedendo a quella pausa un’importanza sublime. Perché anche le pause comunicano.

La musica, poi, entra in punta di piedi, con pochi e lunghi accordi, che quasi non si notano, perché il pubblico deve avere tempo di riflettere sui significati del film. Continua a leggere

Valentino Rossi fan club

Per la prima volta nella mia vita ho visto vincere Valentino Rossi. Dico con i miei occhi, salire sul gradino più alto del podio e inginocchiarsi davanti al pubblico di Misano. Inginocchiarsi. Mica poco.

Quel gesto è il riassunto di tutta la sua carriera, e al di là di chi lo ama, chi lo odia o chi ne rimane indifferente, al di là di tutto questo c’è una cosa di cui fare tesoro: la professionalità. Continua a leggere

word as image - ji lee

Le immagini valgono più delle parole? Io non credo.
Più delle parole valgono i fatti, secondo alcuni, ma questo è un altro discorso.

In comunicazione, immagini e parole, non si trovano le une contro le altre, giocano piuttosto nella stessa squadra. Ci sono le volte in cui si comunica solo per immagini, grazie a campagne pubblicitarie fortemente espressive, o in altri casi solo con le parole.

A dirla tutta oggi le parole sono anche immagini. Questione di font, di grandezze, di grazie, di punteggiatura e di interlinee. O ancora, l’assenza di immagini è a sua volta una scelta grafica, anche fortissima. Continua a leggere

vincent van gogh - mangiatori di patate

Uno con il talento di Vincent Van Gogh, oggi, potrebbe lavorare come art director per brand come Mulino Bianco, ad esempio.

Basta guardare il famoso dipinto “I mangiatori di patate”. Ora, io non sono né un intenditore né un critico, ma il pennello denso e furioso di Van Gogh riassume tutti i concetti di grafica e comunicazione che servono per creare l’identità di un brand. Come se 130 anni di storia fossero una manciata di istanti.

Mi ci sono imbattuto cercando immagini rurali su Google, e quando ci ho posato gli occhi davanti ho subito intuito qualcosa di perfetto nella scelta dei colori. Ero tentato a cercare subito una spiegazione dell’opera, ma ho preferito, invece, provare a scriverla, io che in storia dell’arte, come dicevo, non sono granché. Ma per quanto riguarda il messaggio pubblicitario, qualcosina in più la posso dire. Continua a leggere

break the history - Simone Masini fotografo

Cos’è che ci fa desiderare una meta turistica? È la percezione che abbiamo di essa. La percezione.

A me, ad esempio, certe città non mi ispirano. Tipo Parigi. Senza nulla togliere alla capitale dei cugini francesi, ci sono almeno 20 altre grandi città che vorrei visitare prima di finire a Parigi. Città la cui percezione è, nella mia testa, più appetitosa.

Nel mio lavoro capita spesso di dover promuovere una località, un Comune o anche una singola struttura. E tutto sta nell’idea del “promuovere”, che per me è una parola bruttina e preferisco di gran lunga “raccontare”. Raccontare una città. Questo mi piace. È il racconto che costruisce la percezione, che a sua volta diventa desiderio. Continua a leggere

Sbaglierò, ma continuo a lavorare con carta, penna, dizionari, mappe e un sacco di altra roba antiquata e a diffidare delle liste di nomi generate con l’aiuto del computer….

Si conclude così un articolo di Annamaria Testa dedicato al naming, ed inizia, sempre con queste parole, un articolo di Luisa Carrada che parla dell’importanza dello scrivere a mano.

Che poi, se do un’occhiata alla mia scrivania, non trovo nulla di esageratamente tecnologico, se non un’artiglieria fatta di penne, matite, gomme, post it e Moleskine. La mia scrivania è lunga un metro e mezzo ed è rivestita con un mucchio di attrezzi da lavoro che richiedono un certo gesto – un gesto – che ha un ché di meraviglioso. Continua a leggere

I brand raccontano chi sei più di quanto credi.
Te li porti addosso e non ne puoi fare a meno. Ti mancano quando non sono con te, e non sono sostituibili. Quasi avessero un’anima. Ecco perché si chiamano lovemarks.

Ognuno ha i suoi. Anche chi si definisce no logo. Basta aprire il suo frigorifero, o frugare nella sua borsa, o guardare la marca delle sigarette.
Io ho i miei, che sono molto bravi a parlare di me.

Moleskine, è il taccuino più famoso del mondo. Già la parola taccuino mi fa impazzire – bellissima da pronunciare – ma non è tutto qui, ovviamente. Moleskine invita a raccontare grandi storie, o almeno abbozzarle. Quasi un tributo alla creatività. È questo che amo, assieme all’odore della carta, alla morbidezza delle pagine e agli adesivi nelle special edition. Continua a leggere

Milano quel giorno era più bella che mai: c’era poco traffico e poca gente e quella poca che era a spasso sembrava che avesse profonde motivazioni per farlo e un grande amore per la città, turisti e abitanti che fossero.

Per scrivere una frase come questa bisogna percepire cose speciali in tutti i segni del quotidiano, vedere storie e magie dove nessuno le vede. Magari è una questione di odori, o dell’osservare la gente che passeggia per la strada, o i riflessi del sole sui vetri dei palazzi, i suoni della città, magari anche i silenzi – prova a cercarli, a Milano, ti giuro che ci sono -, il toccare i viscidi paletti della metro, cose così. Che poi sono storie, e permettono di raccontare una certa meraviglia. Continua a leggere