Scrivere il titolo di un articolo
Scrivere il titolo di un articolo non è semplice, soprattutto se ci tieni davvero a quello che scrivi, ancora di più se ne rispetti il gesto e la passione, o il mestiere.
In questo post non mi interessa insegnare la tecnica o i trucchi per farlo, non ne avrei mai il coraggio e la presunzione. Preferisco invece affrontare la tendenza che da un paio di anni a questa parte tempesta le redazioni di blog e magazine online: scrivere titoli (e articoli) sfruttando l’effetto elenco numerato.
Molti dei siti web che leggo quotidianamente lo fanno, spesso anche senza pietà, come Ninja Marketing che poche settimane fa riportava nella home page i seguenti titoli:
- 6 modi per diventare leader di un team di sucesso
- 5 storie che ti faranno venire voglia di cambiare vita
- 10 app dalle quali c’è sempre qualcosa da imparare
- 10 cose che gli startupper dovrebbero sapere
- Love wins: 5 brand gay friendly prima che fosse mainstreem
- I 6 gadget più cool per le vostre vacanze
- 7 competenze social per lavorare nel mondo della musica
Su 20 articoli presenti nella home, 7 sono scritti con questa formula che non esito a definire acchiappa click.
Anche il seguitissimo Wired non è da meno, due settimane fa, nella home page spiccavano in ordine cronologico:
- I 10 grandi film con trame impossibili
- 10 ragioni per (ri)vedersi IT Cloud
- 3 problemi matematici che ti faranno impazzire
- I 5 consigli delle donne tech per lavorare (ed avere successo) nel mondo digitale
O ancora, su Agrodolce:
- 12 trucchi per non piangere tagliando le cipolle
- barbeque americano: 5 salse imprescindibili
- 12 modi di cucinare i pomodori
- 10 tipi di latte vegetale da provare
- 20 varianti per ravvivare l’insalata caprese
Sul web di questi titoli se ne trovano a centinaia, perché funzionano, perché vanno di moda. O meglio: perché funzionano? Perché vanno di moda?
A mio avviso c’è una sola risposta per entrambe le domande:
Il mondo è un posto troppo grande per essere conosciuto tutto, eppure la voglia di leggere ed informarsi sembra non avere fine. Vogliamo conoscere e imparare nel minor tempo possibile. Preferiamo un elenco puntato ad un testo in prosa, e cerchiamo di spacchettare il sapere per leggerne solo le voci in grassetto, soltanto l’essenziale. Pretendiamo il controllo del tempo e temiamo che la lettura ce lo porti via.
I titoli con i numeri fanno risparmiare tempo, comunicano al lettore che l’articolo è semplice da fruire, che può essere letto in pochi istanti, e la promessa di un punto elenco rende tutto più leggero e ordinato.
Ecco perché funzionano e, di conseguenza, perché vanno così di moda. Perché questi non sono i giorni della prosa e della scrittura elegante, ma piuttosto i giorni dello schematizzare le cose, le storie, il sapere.
Tuttavia, la mia perplessità consiste nel fatto che questo meticoloso semplificare possa perdersi in un senso di superficialità.
E la superficialità è un batterio dello scrivere, diffusissimo, di quelli che fanno dimenticare il vero motivo per cui prendiamo in mano una penna o apriamo un foglio di testo.
Perché scriviamo.
Questo dovremmo sempre chiederci. Perché scriviamo?
E la risposta, che ci crediate o no, è sempre un titolo perfetto. Non ci sarà spazio per punti elenco o schemi numerati, salvo rare e obbligatorie eccezioni.
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