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Il colpo di grazia di Spotify

Se iTunes aveva messo a dura prova la bramosia di acquistare dischi fisici – viene da dire analogici ma in realtà non lo sono per nulla -, Spotify è il cattivone di turno che mette fine alla mia collezione di album, quelli che se ne stanno tutti belli in fila su di una lunga mensola di legno nella mia stanza. Un cattivo ma dall’enorme fascino, che custodisce dei capolavori di nicchia impossibili da trovare nei negozi e persino negli store online, che è addirittura legale, ed entro un certo limite di ore persino gratis. Ci penso quasi ogni giorno ad abbonarmi, così da avere tutta la musica del pianeta, dico tutta, sempre con me. Eppure non l’ho ancora fatto, o meglio, non ci sono riuscito. Perché abbonarsi a Spotify significa smettere definitivamente di acquistare dischi fisici, con tutto il rito di entrare nei negozi, le chiacchere con il proprietario, la paura di comprare una ciofeca e tutta quella serie di situazioni che si creano studiando copertine, prezzi e discografie in esposizione. C’è che ogni cosa che si perde, come certi gesti, riti, oggetti e mestieri, ci mette un po’ a scomparire per davvero. Fatico ad immaginare la mia vita senza dischi fisici.

Ma a fare i conti con la praticità, la velocità e la quantità di musica, tutte cose che non danneggiano la qualità della stessa, che suona da paura nei monitor Yamaha che troneggiano sulla scrivania, a fare i conti per davvero, ammetto che Spotify è un cattivo geniale. E come ogni grande nemico ha un punto debole: è quasi gratis. Punto debole perché la musica che non piace non la si ascolta e basta, un paio di clic e ci si dimentica di quella canzone, quel disco che si sperava fosse migliore. Quando invece si andava nei negozi e si spendevano soldi per un album che già al primo ascolto deludeva, insomma quando si compravano dischi del cavolo, li si ascoltava comunque almeno 100 volte per rendere giustizia ai soldi spesi. E rimaneva comunque un certo ricordo che se ne stava impresso nella mente e nel cuore, oltre che a quel cimelio seppellito nella  maestosa collezione che ancora oggi occupa un volume imponente dentro casa. Questa cosa del comprare e sbagliare, in quell’icona verde che invade pochi pixel sulla scrivania del mio MacBook, non accade più. Per quanto possa essere assurdo è davvero difficile farne a meno.

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