L’anno scorso ho letto pochi libri. Giusto qualche saggio e una manciata di romanzi. E la biografia di Michael Jordan. Stando a quello che ricordo è stato l’anno in cui ho letto di meno. Meno libri, meno riviste, meno tutto. Come a prendermi una pausa dalla corsa quotidiana che i miei occhi fanno sulle prose di autori straordinari e sulle colate di inchiostro nella pagine di carta. Che poi, poiché scrivere è il mio mestiere, non posso esimermi dal leggere, poiché da quest’azione elegante e antichissima colgo tutti i riflessi e le ispirazioni che mi aiutano nello svolgere senza noia e ripetizioni il mio lavoro.
Voltandomi indietro mi rendo anche conto che l’anno solare che lascio alle spalle è stato ricco di serie TV, film, programmi sportivi, mostre d’arte e tramonti. Non è una follia, non è una vittoria della televisione sui libri ma, a mio avviso, è un modo differente di leggere. Ho amato alla follia Dexter e The Walking Dead, ma è come se oltre ad aver seguito con ansia ed entusiasmo le storie che raccontano, ecco, è come se li abbia letti. Come se avessi applicato il filtro “tecnico” e mi fossi concentrato sulla stesura del copione, sugli storyboard, sulla fotografia. Ed è lo stesso che ho fatto guardando i programmi sportivi, analizzando il crescere della tensione fino al momento del boom, una gara di MotoGP ad esempio. Un crescendo architettato con intrecci e personaggi, protagonisti e antagonisti. Come se fosse una vera storia. E lo stesso è accaduto anche fuori casa, alla mostra di Edward Hopper – giusto per citare un momento straordinario – dove il litigio tra luci e ombre mi è rimasto nel cuore. O anche osservando certi tramonti, dicevo.
C’è una dinamica a cui non ho badato mai e che ora mi tormenta ogni pomeriggio. Il sole che scende, piano, mentre le ombre si allungano, le trame del cielo si scaldano e si scaldano sempre più finché un rosso cremisi e la porpora tormentano l’orizzonte. E poi arriva il freddo (l’antagonista?), le trame fresche della sera, che dal violaceo portano al blu poi all’oscurità e poi più niente se non le tenebre della notte. Da qui capisco che anche la natura non passa da un momento all’altro senza una sua epica.
Non dirmi che tu non ci leggi nulla. Non dirmi che non c’è nulla da leggere. Perché solo il fatto che io ne scrivo e milioni di persone prima e molto meglio di me ne hanno scritto, anche versi memorabili, se in così tanti ne abbiamo parlato è perché abbiamo letto qualcosa. Nel cielo, dentro di noi. Da qualche parte qualcosa abbiamo letto. Senza carta e senza inchiostro, né fogli né taccuini, solo le parole che si celano davanti ogni cosa che, da una serie TV ad un tramonto, da un pianoforte scordato alle grida del mare, si soffermano davanti agli occhi e lì levitano trasparenti aspettando di essere lette, filtrate e ingoiate, o assorbite, qualcosa del genere.
Nuovi formati, nuovi layout. I libri dei mesi passati hanno avuto forme e dimensioni stravaganti e inaspettate. In tutto questo, la cosa pazzesca è che nonostante la tenue crescita di volumi cartacei nella mia libreria, non ho mai smesso di leggere, nemmeno per un minuto.