Scrivere a mano per scrivere meglio
Ma tu, quali tool utilizzi? Questa è una delle domande che mi vengono poste con maggiore frequenza durante i miei speech. La mia risposta suona un po’ snob, me ne rendo conto, ma è sincera: non uso tool. Che poi, smettiamola di chiamarli tool, chiamiamoli strumenti, non c’è nulla di male e non si offende nessuno, ve lo assicuro. Ad ogni modo, dicevo, non uso strumenti particolari. O meglio: qualche dizionario (ne elenco qualcuno in fondo a questo articolo), sì, e poco altro. Ah, beh, uso anche penna e matita, gomma e carta, perché trascorro tanto tempo a scrivere a mano. Adoro il fascino del gesto e non mento se dico che mi permette di collegare elementi drasticamente lontani tra loro. Collegare idee, pensieri, parole, immagini.
La creatività è la capacità di unire idee esistenti in modo nuovo e utile.
Quest’affermazione del matematico Henri Poincaré (1854 – 1912) si concretizza con risultati sorprendenti quando si lavora a mano. Quando si scrive, a mano. Aggiungo, per chi non se ne fosse accorto o per chi proprio non lo sapesse, che Nuovo e Utile è il nome del blog di Annamaria Testa, una delle copywriter più influenti nel mio percorso professionale. Aggiungo anche, per un ulteriore approfondimento, il link ad un articolo in cui proprio Annamaria scrive a proposito della definizione di creatività di Poincaré.
Torno agli strumenti e al non utilizzo di strumenti digitali, tecnologici, analitici e altre diavolerie. Non ne uso proprio. E non perché mi senta un conservatore o perché voglia difendere le certezze del passato dall’invasione del futuro, ma solo perché mi trovo bene così. Lavoro bene così. Ovvio che ne ho provati, di tool. Qualcuno è anche salvato come estensione nel mio browser, ma riguarda più che altro il vedere, non lo scrivere. Mi riferisco, ad esempio, a What Font, estensione di Google Chrome che permette di riconoscere le font usate nelle pagine web. Ecco, questo forse è l’unico che utilizzo con una certa frequenza. Di altri nemmeno mi ricordo il nome, per dire.
Mi viene in mente, in tal proposito, una citazione di Douglas Adams, che ho recentemente ritrovato nel libro “Femminili singolari” di Vera Gheno:
Ho trovato tre regole che descrivono le nostre reazioni alla tecnologia: 1. Qualunque cosa esista nel mondo quando nasciamo, ci pare normale e usuale e riteniamo che faccia per natura parte del funzionamento dell’universo. 2. Qualunque cosa sia stata inventata nel ventennio intercorso tra i nostri quindici e i nostri trentacinque anni è nuova ed entusiasmante e rivoluzionaria e forse rappresenta un campo in cui possiamo far carriera. 3. Qualunque cosa sia stata inventata dopo che abbiamo compiuto trentacinque anni va contro l’ordine naturale delle cose.
Io ho 35 anni. Sui primi due punti mi trovo incredibilmente accordo, sul terzo mi trovo preoccupantemente in accordo. O almeno noto come alcuni cambiamenti, anche piccoli e miserabili, suscitino pericolose turbolenze tra le mie certezze; credo sia questo il bivio tra l’accogliere e il combattere il futuro. Ben ancorata alle mie ossa c’è la scelta di accogliere, ma non nego che alcune volte la tecnologia sfiori nervi scoperti. Comunque, il mio intento è quello di continuare ad accogliere ogni giorno. Ecco.
Dove nasce la creatività, dove nasce la scrittura
La mia scelta di non usare particolari strumenti per lo scrivere non è dunque una scelta conservatrice ma una metodologia di lavoro. Sono certo, e tale certezza nasce dai miei studi e trova riscontro nelle esperienze professionali, che lo scrivere a mano abbia, oltre all’eleganza del gesto, una potenza maggiore dello scrivere a macchina. Maggiore anche del dettato (che sta preoccupantemente prendendo piede e allontanando le nostre mani non solo dalla penna, ma anche dalla tastiera).
La scrittura nasce nel cervello, l’unico vero strumento necessario. Far lavorare il cervello prima delle mani è un buon metodo per scrivere testi precisi ed efficaci. E se l’inchiostro è quello di una penna il risultato finale, cioè il collegamento creativo, conterrà una maggiore quantità di informazione.
È di pochi giorni fa un articolo sulla rivista Focus (numero 343, maggio 2021) che affronta proprio questo tema. Si intitola “Scrivere a mano è meglio”, eccone un breve estratto:
Altro che tablet e smartphone. Gli strumenti più “smart” restano carta e penna. Quanto meno se si vogliono memorizzare le informazioni. L’ha accertato uno studio dell’università di Tokyo pubblicato su Frontiers in Behavioral Neuroscience. La scrittura su carta, infatti, comporta un maggior uso di nozioni e, di conseguenza, di risorse celebrale: i quaderni di carta, infatti, contengono informazioni spaziali più complesse rispetto a uno schermo digitale.
Aggiungo che, in base alla mia esperienza personale, scrivere a mano comporta meno distrazioni. Sullo schermo del computer ho l’icona di internet che mi chiama con insistenza, le notifiche dei social e della casella email; ci sono dunque segnali visivi e sonori e anche un’evidente difficoltà tecnica: non posso fare tutto quello che voglio; non posso, cioè, fare le stesse cose, disegni, scarabocchi e schizzi con la stessa naturalezza che mi riesce con carta e penna.
Strumenti analogici per scrivere meglio
Ecco quindi che non servono tool magici, è sufficiente avere la mente sgombra da segnali e libera di muoversi tra i pensieri e le connessioni possibili, anche improbabili. Priva di ostacoli e distrazioni, la mente ci porta più facilmente alla progettazione di un pensiero creativo. Gli unici strumenti utili per aiutare questo processo, o almeno gli unici che uso io, sono penna, carta, matita e dizionari. Più dettagli? Per me la penna è una Bic blu, solo blu, ne ho scritto un post a riguardo qualche anno fa, una sorta di tributo. Quale carta? Preferibilmente quella dei taccuini Moleskine, la riconosco al tatto. Quale matita? Anche se qualche collega mi critica per la scelta ovvia, preferisco Staedtler H2. Quali dizionari? Um… ecco, per me gli indispensabili sono:
- il dizionario delle collocazioni;
- il dizionario dei luoghi comuni;
- il dizionario etimologico;
- il dizionario dei miti greci e romani.
Pochi strumenti dunque, tutti analogici, ma quanta creatività sprigionano! Consiglio finale: usate tutti gli strumenti che volete, che amate, che ritenete utili, ma ricordatevi sempre dove nascono e come si perfezionano le idee: dal cervello, prima, dalle mani, poi. Il grosso del lavoro nasce e si sviluppa senza l’uso di attrezzi esterni. Cervello e mani sono i tool più affidabili.
Per approfondire
In questo video racconto i miei dizionari preferiti, gli strumenti analogici che preferisco. Buona visione.