Fallo scrivere a ChatGPT
“Fallo scrivere a ChatGPT” è la nuova risposta da dare a chi ti chiede un testo urgentissimo e non ha intenzione di pagare granché. Quelle quattro parole le ho recentemente rivolte a chi mi ha offerto 50 euro per scrivere un testo per il blog aziendale. Conti alla mano, tra briefing, raccolta informazioni, scrittura, correzione, eventuali revisioni del cliente, mi sarebbe servita almeno una mezza giornata per quel lavoro, probabilmente di più. E 50 euro non parevano un grande affare.
Ora, non voglio dire che il mio cliente sia un tirchio, no. Penso in realtà che non abbia bene a fuoco la complessità del lavoro richiesto; quindi è del tutto comprensibile se rimanga sbalordito dal mio preventivo. E forse la colpa è mia. Magari non sono stato bravo a motivare i costi e a fare luce sulle difficoltà del progetto. Di sicuro, le trattative non sono il mio forte.
Un’alternativa sarebbe svolgere il lavoro in meno tempo, magari in un’ora. È possibile? Forse sì. Qualche collega ci riesce, con risultati che ai miei occhi rasentano il vergognoso, ma questo è un mio pensiero e non conta granché.
Quindi ci sono almeno tre aspetti da considerare:
- il cliente che non è al corrente della complessità di un progetto di scrittura professionale e di come funzioni, in generale, il mestiere del copywriter;
- la mia debolezza nel far capire o dimostrare tale complessità;
- la mia difficoltà nel lavorare con tempi molto più brevi.
Trovare un punto di incontro non è mica semplice. E allora: fallo scrivere a ChatGPT.
Ma sai che succede? Che alla fine il cliente si comporta proprio in questo modo e il risultato non è neppure malvagio. O meglio: sui testi tecnici, GPT ancora si trova in alto mare, ma su cose generiche, em… se la cava bene, più che bene. Azzarderei che le open AI scrivono meglio di molte persone che vengono pagate per scrivere. Ecco. E siamo solo agli inizi, entro pochi mesi vai a capire cosa riusciranno a fare piattaforme del genere.
Ma tecnicamente, come se la cava l’IA con il copywriting?
IA alle prese con naming e payoff
Ho messo alla prova diverse piattaforme di IA: con naming e payoff se la cavano malissimo. Peccano in mancanza di originalità e mi pare di capire che non sia loro chiaro cosa siano le anomalie creative in comunicazione pubblicitaria. Manca insomma quel guizzo che mette le ali ad un progetto. Sono però certo che a breve ridurranno questo gap, temo si tratti di mesi, non di anni.
Se gli chiedi di inventare nomi di una gelateria, ad esempio, nonostante tante informazioni fornite, i risultati sono piuttosto mosci, tra questi: Gelato di Gusto, Frozen, Lecca-lecca, Artigiani di gusto, e altre soluzioni inutilizzabili.
IA alle prese con testi e meta-testi
Con i testi di articoli e meta description, invece, se la cavano preoccupantemente bene. Scrivono con coerenza, usando informazioni vere e ben elaborate. Usano frasi semplici, chiare; raramente ho trovato incoerenze o errori di sintassi. Se chiedi loro di comporre periodi complessi o di usare un tono di voce caldo, romantico o simpatico, lo fanno, con risultati credibili. Anche qui, gli manca ancora quel guizzo creativo capace di lasciarti a bocca aperta, e a questa mancanza, di nuovo, mi aggrappo. Per la serie: il lavoro non ce lo rubano (ma possono davvero darci un grande aiuto).
Copywriter VS intelligenza artificiale
A questo punto torno ai 50 euro che il mio cliente è disposto a pagare per un articolo tecnico. La mia risposta “Fallo scrivere a ChatGPT”, inizialmente frutto di nervosismo e frustrazione, potrebbe essere in realtà la risposta giusta. Se accettassi quel lavoro lo svolgerei con poca lucidità e zero entusiasmo (lucidità ed entusiasmo sono indispensabili se scrivi per mestiere), e se lo lasciassi fare al mio cliente in autonomia, perderei 50 euro, e ci sta, ma avrei più tempo per dedicarmi ad attività meglio retribuite e più gratificanti. Così vinciamo tutti. Ma non ne sono ancora sicuro. Anzi, ho un presentimento:
non è che io stia perdendo l’opportunità di lavorare con le open AI? Se quel lavoro da 50 euro lo accettassi, lo facessi scrivere a una GPT, e in meno di mezz’ora riuscissi a correggerlo e sistemarlo, non sarebbe meglio? Non so se questa sia la cosa migliore da fare, ma è importante considerare l’eventualità. Per come sono fatto, preferisco accogliere il futuro, non respingerlo.
Quel lavoro l’ho rifiutato, ma l’evento è stato importante: da quel momento ho iniziato a collaborare segretamente l’AI, sia in fase di brainstorming sia in fase di produzione. Nessun progetto ufficiale, tutto quello che ho lasciato svolgere alla “macchina” è solo un test che mi permette di capire se e quanto può aiutarmi nel lavoro di tutti i giorni. Per ora continuo a realizzare a mano ogni progetto, “alla vecchia”, e dall’intelligenza artificiale non mi aspetto un contributo tecnico ma piuttosto un input per inventare nuovi progetti, e per nuovi intendo anomali, straordinari, diversi da quelli che da solo potrei anche solo ipotizzare. Sono abbastanza certo che tra qualche mese nascerà qualcosa di interessante.