UX e branding nella segnaletica stradale americana

Nelle scorse settimane ho attraversato in auto California, Nevada, Arizona e Utah. Lungo la strada mi sono fermato più volte a scattare fotografie ai cartelli stradali, colpito dall’abbinamento di immagini e parole che noi italiani, nella segnaletica, non usiamo. Mi spiego.

In Italia, il limite di velocità è segnalato con un cartello rotondo, bianco e rosso, un numero scritto al centro indica la velocità massima che si può raggiungere a bordo di un mezzo. Quindi ci sono una grafica (il cerchio bianco e rosso) e un testo (il numero). Lo stesso cartello, negli USA, riporta un testo aggiuntivo, “Speed limit”, una sorta di bodycopy che specifica il contenuto dell’immagine. A essere precisi, anche in Italia si trovano alcune segnaletiche con scritto, in piccolo, “limite di velocità”, ma non se ne trovano chissà quante.

Aggiungere un breve testo significa scegliere di comunicare sia con le immagini che con le parole. E questo non è affatto scontato.

I segnali stradali che indicano il senso unico, in Italia, una volta erano dotati della scritta “Senso unico”, oggi omessa a favore di un design più pulito e minimale. Negli USA, “One way” appare sempre incastonata dentro alla freccia. Non che sia un male, si tratta solo di una differenza, piccola ma non irrisoria. Il motivo è puramente funzionale.

Aggiungere testi ai cartelli segnaletici riguarda il leggere e il guardare. È di grande aiuto un testo che ti spiega cosa devi fare, soprattutto se vieni dall’Europa, come me. Ci tengo a precisare che in USA ci sono segnaletiche differenti rispetto all’Europa, inoltre sono ammesse manovre per noi vietate e incomprensibili (tra le più insidiose: si può superare sia a sinistra che a destra; ad un incrocio con semaforo rosso, si può comunque svoltare a destra, sì, anche se è rosso), quindi a tratti ci si può sentire in difficoltà mentre si guida, ecco perché il testo risulta utile. Si tratta di UX stradale, niente di più.

Ma dicevo, alcuni testi dentro i segnali stradali li abbiamo anche in Italia e in Europa, ma sono in via di estinzione a favore di un design che preferisce le icone alle parole.

Dal funzionale al racconto

Ma non finisce qui: oltre alla segnaletica di supporto per chi guida, negli USA esiste anche una segnaletica che fa branding. È quella dei cartelli di confine tra uno stato e l’altro. Alcuni li avevo notati in qualche film, ma quando li ho visti con i miei occhi ho capito che la scelta non è unicamente estetica, o funzionale, ha piuttosto a che fare con qualcosa di più profondo: un racconto, una promessa, un brand. Quando dall’Arizona ho raggiunto lo Utah, mi sono trovato faccia a faccia con questo cartello.

Guardalo bene: non è solo un cartello, è un manifesto pubblicitario. C’è il visual, con la bella illustrazione della Monument Valley e del fiume Colorado, e una headline: “Welcome to Utah, Life Elevated”. Per uno che viene da Rimini, abituato al classico cartello in bianco e nero al confine tra Italia e San Marino (che riporta unicamente le scritte “Italia” o “San Marino”), vedere questi segnali ultra colorati è come passare dal Nokia 3310 all’iPhone. Un salto troppo grande, ma bellissimo. Il fatto è che il cartello in bianco e nero con scritto “Italia” o “San Marino” (a seconda della direzione in cui ti muovi) è un’informazione, niente di più. Quello dello Utah comunica invece qualcosa in più: il brand.

Lungo la strada di ritorno mi sono poi imbattuto anche in quello dell’Arizona, dove la headline riporta “The Grand Canyon State”, di nuovo una headline, di nuovo branding. Ormai fatalmente incuriosito dalla questione, ho poi cercato su Google i cartelli di confine con gli altri stati e trovato, ad esempio:

  • quello del Nuovo Messico, con la headline “The land of enchantment”;
  • quello della Virginia, con scritto “Virginia is for lovers”;
  • quello del Wyoming, con scritto “Forever West”.
  • quello del South Dakota, con scritto “Great faces, great places”.

E così via per cinquanta stati. Questo è puro branding.

Conclusione

Immagini e parole si incontrano e rincorrono sia per scopi funzionali che di racconto, aiutano ad orientarsi, a rispettare le regole e a meravigliarsi. Non dico che noi europei dovremmo fare lo stesso, ma almeno tenerne conto – proiettare – questa attenzione nei nostri progetti di comunicazione.