Greenlights di Matthew McCanaughey
Non sono mai stato un grande amante delle biografie. Ne ho lette poche e ne ho apprezzate meno. Non sono il mio genere, tutto qua. Eccetto quella di Matthew McConaughey: Greenlights. Confesso di essere di parte: adoro l’attore in questione e la personalità delle sue interpretazioni in “The Wolf of Wall Street”, “Interstellar” e “Dallas Buyers Club”. Ma a parte questo, Greenlights è una biografia anomala. Non è il solito bla bla bla sulla vita di una persona: infanzia, momenti difficili, rinascita, successi, robaccia autocelebrativa eccetera; Greenlights è un’altra cosa.
Oserei definirla una raccolta di esperienze esposte in ordine cronologico: pasticci di famiglia, casini personali, figure di merda, decisioni importanti. Da ogni esperienza puoi trarne un insegnamento o un piccolo consiglio da mettere in tasca e applicare sul lavoro, nello sport e nelle cose che svolgi ogni giorno. Sul serio.
“Se uno sa come affrontare le sfide della vita, e quando farlo, se sa abituarsi all’inevitabile, sperimenta uno stato di euforia che io chiamo “catching greenlights”, trovare l’onda verde”.
Aspettare il semaforo verde
La vita è piena di semafori rossi, lo sappiamo fin troppo bene, quello che conta è cosa facciamo mentre aspettiamo il verde, o cosa siamo disposti a fare per trasformare un semaforo rosso in un semaforo verde. Cosa siamo disposti a fare per cambiare. Sì, cambiare. Il cambiamento e il riposizionamento personale sono due costanti di questo libro; sono diversi i momenti in cui McConaughey cambia rotta, soprattutto quando le cose vanno bene; sì, quando vanno bene. E non bene e basta, ma proprio alla grande!
In uno dei momenti di maggior successo della sua carriera lui sceglie di fermarsi e smettere di recitare nel genere che gli ha portato fama, denaro popolarità: le commedie romantiche. Basta. Ad un certo punto decide che si merita di meglio. Non di più ma di meglio, non è la stessa cosa. Rinuncia anche ad offerte pazzesche, roba oltre i 14 milioni di dollari, per dire.
Conseguenza: venti mesi senza girare nemmeno un film, zero lavoro, un enorme semaforo rosso alla carriera. C’è chi lo contatta e gli propone di tornare ad interpretare il figo che fa battere il cuore alle donne, ma lui, gentilmente, declina ogni offerta. Dice di no perché è cocciutamente convinto di ricevere presto un sì. Attende che il semaforo diventi verde. Il risultato? Dopo venti mesi si riposiziona come attore drammatico, abbandona i ruoli frivoli e spensierati in cambio di interpretazioni più complesse e creative. Da lì al premio Oscar per “Dallas Buyers Club” la strada è breve. Semaforo verde.
“Ho rifiutato ogni lovestory mi venisse offerta e ho aspettato che il pubblico si chiedesse che fine avessi fatto. Sono finito nel dimenticatoio e solo così ho potuto reinventarmi e quasi risorgere nel mondo dello spettacolo”.
Ecco perché questa biografia mi è piaciuta. C’è un concept di sottofondo che risuona in ogni pagina: definisci la tua idea di successo personale. La storia e le esperienza di McConaughey invitano a riflettere su cosa vogliamo veramente e chi vogliamo essere. C’è del motivazionale in tutto questo, pure una buona dose di ottimismo, ma è per questo che Greenlights mi è piaciuto. E parecchio.