Copywriter: le droghe del mestiere
La Bic blu, che ha pure un nome bellissimo, Crystal Blue. Gli evidenziatori pastello, possibilmente Stabilo Boss. I libri con le belle copertine. Non c’è una precisa unità per misurare la bellezza di una copertina, quelle belle le riconosci subito.
Annusare la busta della cialda del caffè. I taccuini Moleskine. I taccuini Moleskine Limited Edition. L’odore della carta dei libri. La carta soft touch nei biglietti da visita. L’odore della carta dei libri stampati, e anche quella di cataloghi e brochure. Le rilegature non convenzionali. La carta ruvida di alcune collane Adelphi.
I segnalibri con le citazioni. Le lettere scritte a mano, come una volta. La Magic Keyboard di Apple. Ma il Magic Mouse no, quello mi ha distrutto una mano. I Post-It, quelli colorati e originali, marca Post-It (sì, lo so, chiamiamo Post-It anche i foglietti adesivi che non lo sono, ma io amo i Post-It).
Le lavagne magnetiche: consiglio sempre di provare il pennarello venduto insieme alla lavagna disegnando un piccolo punto in un angolo; ci tengo a dirlo perché in un’occasione il pennarello in questione si è dimostrato inaspettatamente indelebile e ce ne siamo accorti dopo aver fatto il primo disegno di prova proprio al centro della lavagna – di cui, per educazione, preferisco non parlare; né io né i miei colleghi siamo riusciti a cancellarlo del tutto, così lo abbiamo coperto con un Post-It. Tiè.
La tazza portapenne, la mia ha il logo di Superman. La tazza per il caffè americano, che è diversa dalla tazzina da caffè, ovviamente. A questo punto non può mancare la macchina per infusi (con cui preparo il caffè americano). Una risma di carta di riserva. Se non c’è, sclero.
Il mouse verticale, che mi ha salvato una mano. Le boccetta di lacrime artificiali, che mi salvano la vista. Set di colori Stabilo Pen 68. Le playlist rilassanti di Spotify, e anche qualche disco di Ozzy Osbourne (ogni tanto ci sta). Niente cancellina, la odio, ma le gomme invece sì, soprattutto le Staedtler, quelle piccole con il rivestimento bianco (sopra c’è scritto Rasoplast, ne ignoro il significato). Gomme significano matite: sempre di Staedtler, preferisco le HB2, anche se gli illustratori le odiano. A me piacciono perché vengono ben assorbite sulla carte della Moleskine; unico posto in cui le uso.
I poster di vecchi film, serie TV e cartoni animati, danno un tono all’ambiente più del tappeto di Jeffrey Lebowski, “Drugo” per gli amici. La libreria piena di libri, conferisce autorevolezza e intelligenza, anche quando i libri non sono mai stai letti. Nella mia ce ne sono quattro che non ho letto e non leggerò mai. Magari un giorno ne parlo.
Perché questa confessione
Lo scorso inverno, ho tenuto una lezione di scrittura pubblicitaria ad una classe di neo laureati (futuri copywriter, marketer e direttori creativi). In quell’occasione ho chiesto ai ragazzi di raccontarmi quali fossero i loro lovemark, uno mi ha risposto di non essere affezionato ad alcun marchio. Durante la pausa l’ho raggiunto in cortile, stava fumando. Gli ho chiesto quali sigarette fumasse, mi ha risposto Marlboro Light. Solo Marlboro Light? Sì, solo Marlboro Light. Ecco il suo lovemark.
È quasi impossibile non averne. Io forse esagero, come in molte altre situazioni della vita. E mi sono messo, quel giorno, ad appuntare i miei lovemark, soprattutto quelli che gravitano attorno alla mia professione. Ne è nata una piccola lista, quella appuntata nei primi paragrafi di questo post. Si è estesa, poi, con altri riti e oggetti che non riguardano una marca in particolare, ma hanno a che fare con il mio quotidiano. Ecco, mi è sembrato utile appuntarli. I miei lovemark, le mie manie e le mie droghe dicono molto della mia identità, e se ognuno le condividesse avremmo un bel riassunto di chi siamo veramente.
Perché non provare?