Un copywriter ai Musei Vaticani per studiare le immagini
Sono sempre stato convinto che chi lavora con le parole, dovrebbe studiare le immagini. E viceversa. Per studiare le immagini intendo studiare la storia dell’arte, perché la comunicazione inizia da lì, ed è quasi raccontata tutta lì, tra sculture, layout, colori e tecniche di pittura. Che poi sono tecniche di osservazione e rappresentazione del mondo. Se impariamo a leggere un’opera di Michelangelo, Raffaello o Caravaggio, abbiamo buone basi per scrivere la comunicazione di un brand. Anche più di uno.
In Italia siamo tempestati di luoghi in cui allenare lo sguardo, e proprio nei giorni scorsi sono tornato in uno di questi – che a mio avviso è il più potente: i Musei Vaticani. Non me ne vogliano gli amici e le amiche di Firenze, Napoli, Torino o Ravenna, ma io qui ci ho lasciato il cuore, e ogni volta mi commuovo.
Arte egiziana, romana, rinascimentale, soprattutto rinascimentale, e quella che a mio avviso è una delle più grandi opere artistiche compiute dal genere umano: il “Giudizio Universale”, di Michelangelo. Parafrasando Bill Bryson,
“non c’è niente che possa prepararvi al Giudizio Universale. Indipendentemente da quanto abbiate letto sull’argomento o da quante immagini abbiate visto.”
Ho visitato i Musei Vaticani per la prima volta nel 2020, e ricordo che all’ingresso della Cappella Sistina quasi mi sono ribaltato all’indietro per ammirare il soffitto e soprattutto quest’opera immensa. In questa seconda visita ai musei, pensavo di essere un po’ più pronto, ma invece sono di nuovo stato travolto dalla meraviglia e dallo stupore. È un dipinto scioccante.
Ora non voglio impegnarmi in uno spiegone sull’opera – compito che cedo volentieri a chi ne capisce più di me – ma, accidenti, è un’impresa che mostra quasi l’intenzione di raggiungere Dio. O di sfiorarlo. Magari parlarci.
È un’opera ribelle, irriverente, piena di riferimenti colti e provocatori (oggi li chiamiamo easter egg). Io non lo so come sia possibile creare una cosa del genere. Non lo so proprio.
Se poi alzi gli occhi al soffitto, per dire, trovi dipinto il sedere di Dio, sul serio. Pensa che provocazione! Come la motivi al tuo cliente? Nel caso di Michelangelo, il cliente era il Papa Clemente VII. Per dire. Fortunatamente la guida che mi ha accompagnato in ogni sala dei Musei Vaticani mi ha spiegato ogni cosa, anche la motivazione che Michelangelo ha dato al “cliente”:
“se Dio ci ha fatto a sua immagine e somiglianza, allora lui è uguale a noi, e anche lui ha un sedere”.
Una motivazione coraggiosa, che non fa una piega. E il risultato finale, poi, è grandioso. Vedi che alla fine studiare storia dell’arte ci fa bene? Per la precisione, sottolineo che questa giustificazione è stata data dal “nuovo” Papa: non più Clemente VII, ma Paolo III. Il cambio avvenne durante i 5 anni di lavoro (1536-1541).
Non aggiungo altro sulla bellezza della Cappella Sistina e sulla ricchezza dei Musei Vaticani. Da copywriter ne esco pieno di energia e spunti di riflessione, pieno di motivazione per svolgere il mio mestiere al massimo delle mie possibilità. Non che mi voglia paragonare a Michelangelo, sia chiaro, ma assorbire quel suo approccio audace e ribelle, sì, quello sì. È mio dovere provarci.
E più ci penso più riconosco l’inutilità e l’importanza della tenacia, della fatica e della totale dedizione ad una serie di gesti. Ogni mestiere ha i suoi. Chi scrive, e non mi riferisco unicamente ai copywriter, ma anche ai direttori creativi, ai social media manager o ai content creator, chi scrive, ad una certa si troverà a dover impaginare, o valutare un’impaginazione. E aggiungere senso. Aggiungere addirittura significati nascosti. Riconoscere il bello, il giusto, e aggiungerci un tocco personale. Anche il tono di voce. E lo stile. Con una visita di circa tre o quattro ore ai Musei Vaticani, facciamo il pieno di tutte queste cose, e ne usciamo migliori. Poco ma sicuro.