Tag Archivio per: autunno

Impressioni d'autunno

In autunno i tramonti hanno una gran fretta di consumarsi, ma senza bruciare e fare rumore. Come se avessero voglia di sparire e basta. Nient’altro. Le ombre si allungano rapidamente e le luci dei locali brillano con timidezza. La luna si nasconde dietro le nubi, stanca di guardarci ogni notte senza mai potersi voltare.

L’autunno si porta via un sacco di cose, come l’entusiasmo e la voglia di restare svegli fino a tardi, o quella strana sensazione che si prova quando si è sicuri che stia per accadere qualcosa di meraviglioso, ma poi non accade, senza motivi né spiegazioni.

In autunno inoltrato arriva il freddo, il primo freddo, che s’infila sotto le coperte e nelle asole dei vestiti, confondendosi nelle le pieghe della vita e nei versi delle canzoni. Trascina con sé infinite ragioni per chiudersi in casa e tenersi tutto dentro, fingendo che la fatica di questi giorni sia una fonte di calore, o una sorte di colore con cui ricoprire e riscaldare le pareti.

Se provi ad uscire in strada, quando il freddo è più forte, se provi a mischiarti in mezzo alla gente, fare finta di essere come qualsiasi altra persona al mondo, se riesci a mascherare con un respiro quanto di brutto ti affligge, beh, se davvero ci riesci allora puoi anche concederti il lusso di un pianto, in mezzo a tutti. Nessuno se ne accorgerà. In fondo, il freddo giustificherà le tue lacrime. E spesso, in autunno, piove.

A guardare troppo dentro te stesso finisce che ci caschi dentro. E uscirne non è mica così semplice. Sei da solo. Talmente solo che non ci sei nemmeno tu a farti compagnia. Nemmeno la tua anima. Stanne pur certo. E se è per cercare l’anima che sei precipitato in quel pasticcio, beh allora, mettiti pure il cuore in pace, che ci vorrà molto tempo prima di capirci qualcosa in tutto quel buio.

Appunto scritto spiando le luci di Firenze dal Ponte Vecchio

Devono esserci le nuvole in cielo, scure e umide, in un orario preciso, verso sera, al calar del sole. Devono verificarsi favorevoli circostanze e singolari coincidenze per poter assistere ad un tramonto dalle trame dorate. Di quelli che smuovono masse di persone facendole correre sulle spiagge e nelle strade, fuori di casa, lungo i viali e i campi erbosi, senza muri attorno ma solo cielo a non finire. Così tanto cielo da averne quasi paura, di cadere, del vuoto, paura di restare soli per davvero. Tutto questo per un tramonto così lontano e prezioso che si manifesta con l’ambizione di mettersi in mostra e raccogliere applausi e meraviglia.

Come se un qualsiasi fenomeno della natura avesse bisogno del nostro elogio, della nostra attenzione, anzi, anche solo della nostra presenza.

Christa Wolf, “Nessun Luogo. Da nessuna Parte”.

Tutto quello che si porta addosso l’autunno assomiglia ad una furiosa miscela di colori e spettri ramati, odore di bruciato, fischi lontani e ricordi ancora più distanti, piogge senza suono e valanghe di fango nascoste dietro agli occhi, dentro agli occhi, aperti e poi chiusi. Poi di nuovo aperti. Ed è ottobre. Scalciate le giornate settembrine e trascinati gli ultimi pomeriggi estivi, quelli che hanno fretta di tramontare e corrono come pazzi, quasi precipitano nella notte, si riaprono le porte dei bar, quelli che per tutto l’inverno sopportano la noia e la lentezza di un lungo aspettare. Aspettare cosa, qualcosa, di ognuno, che per ognuno poi è diverso. Aspettare quello che non si può riavere indietro, se non in surrogate forme di giustizia, apparente e delicata fatalità, che tramonta e risorge, senza che nessuno ne veda mai la meraviglia.