Abuso di parole
Ci sono parole che andrebbero bandite dalla lingua italiana per almeno un paio d’anni. Parole che affollano il mondo della pubblicità, della radio, della tv e soprattutto della politica. Sono dei tormentoni linguistici che provocano seri danni alla comunicazione. Il termine più odioso, come segnala anche Massimo Birattari in “È più facile scrivere bene che scrivere male”, è criticità. Ascoltate le interviste dei nostri parlamentari e provate a farci caso: criticità territoriali, occupazionali, criticità nel tratto autostradale e tante altre tipologie di criticità, delle più creative. Stop! Creatività è un altro tormentone. Le agenzie pubblicitarie ne fanno grande uso in autocelebrazioni come “siamo un’agenzia giovane e creativa”, “offriamo soluzioni creative”, “la creatività è il nostro punto di forza”. Su LinkedIn, addirittura, chiunque può aggiungere la voce creativity alle proprie competenze ed esperienze.
Oltre ai singoli termini, ci sono delle espressioni che riempiono di parole senza significato il parlato e lo scritto quotidiano: soluzioni concrete è la migliore. Le banche offrono soluzioni concrete, mica ti fregano – ci tengono a precisarlo, si sa mai. Ma allora perché le usiamo? Perché siamo insicuri, crediamo che un lessico apparentemente ricercato ci dia una certa credibilità, ma purtroppo ci rende imprecisi e logorroici.
Due guru della comunicazione italiana, come il già citatato Massimo Birattari e Luisa Carrada, bocciano un’abbondante quantità di parole ed espressioni: esclusivo, prestigioso, creativo, trasgressivo, provocatorio, scomodo, impietoso – lui; coniugare, contaminazione, contesto, lavoro di gruppo, mediatico, momento di, monitorare, qualità della vità, riscoperta, segnale forte, significato simbolico, società civile, strumenti concreti, tempi tecnici, territorio – lei. A queste aggiungo: auspicare, stress, design, immagini d’impatto, potenzialità, molteplicità e ottimizzazione.
Queste parole andrebbero evitate in virtù di un linguaggio chiaro e preciso, e onesto, che non si perde e non si nasconde dietro alle criticità dell’italiano.
Oltre ai termini da te indicati, aggiungo anche un’ espressione che puoi trovare in moltissimi siti aziendali (con qualche variazione..) “miriamo alla soddisfazione del cliente…”. E’ una frase creata nel marketing, del tutto inutile, perchè tutte le aziende, naturalmente, cercano la soddisfazione del cliente (se no non paga, o paga e non lo rivedi più). Altra stronzata che spesso sento in radio: “Anche a Brescello sono le venti”. Ovvero per comunicare l’ ora aggiungono e cambiano sempre una città. Ma a ben pensarci è una frase che non ha senso, visto che tutta l’ Italia si trova in un’ unico fuso orario.
eh si, concordo di brutto! Soprattutto alla soddisfazione del cliente… non se ne può più xD
Parole sante.