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Pillow Talk

Joss portami a casa.
Perché mi si chiudono gli occhi, mentre guido. E si aprono all’improvviso, mentre sogno. Joss portami a casa. Che in questi giorni non so dove sbattermi, con i ponti che crollano e le strade piene di traffico, scorciatoie scivolose e autostrade in fiamme. Joss portami a casa, che i fari dell’auto che s’avvicinano stanno per investirmi. E non li voglio più vedere, non voglio incrociare il loro sguardo, che poi s’incazzano e mi vengono addosso per davvero. Joss portami via. Mi piace alzare e abbassare il volume mentre sussurri Pillow Talk. Joss qui non c’è mica da scherzare, c’è l’odore sintetico di ospedale e il rumore delle barelle che attraversano le corsie. Odore e rumore di cose troppo severe. Joss. Joss. Joss portami via che non ne voglio più parlare di certe cose, non voglio più leggere e ascoltare. Portami a casa, perché i suoni diventano lontani, sempre più distanti, e i denti si stringono in una morsa feroce. Joss non smettere di cantare che mi sto rilassando, e voglio tornare a casa, da solo. Domani ci provo a sistemare un paio di questioni, ci provo a fare del mio meglio in questo gran casino che urla forte nella mia testa e la sua eco continua a correre per mesi e mesi. I mesi. Joss. Sapessi quanti giorni e quante notti. Con quelle urla. E gli occhi che si aprono all’improvviso, mentre sogno. E si chiudono, mentre guido.

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