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Senza fendinebbia

C’è la nebbia e mi fa male tutto, le ossa, le articolazioni, anche il cuore. Fa male quasi respirare, per il freddo e per tutto quello che accade. Nervi e muscoli sono tesi e rigidi, le articolazioni fuse come leghe di rame, e ogni movimento e ogni sentimento e ogni convinzione che tutto si risolverà, che tutto alla fine andrà bene, è solo l’abbagliante dell’auto che m’acceca. E non vedo la strada e non vedo dove sto andando. Sul sedile non trovo neppure la posizione giusta. Comunque lo regolo e comunque mi regolo mi fanno sempre male le caviglie, e anche la schiena. Le vertebre dure, secche e contratte. La frizione cigola e il freno non è più tempestivo. Fin dove posso guidare nella nebbia. Non lo riesco nemmeno ad immaginare. Non vedo al di là del cofano, e la luce dei fari torna indietro. Non me lo spiego. In fondo alla strada c’è un casello, o almeno una volta lì si trovava. Un casello per uscire dal mondo, paghi il pedaggio e sei fuori, dove non ci sono più urla e odore di lenzuola sudate. Dove non c’è più niente, proprio più niente, e là in quel posto serve un gran fegato per riuscire ad addormentarsi e dormire a lungo senza incubi. O svegliarsi, al mattino, senza ricordarli. Gli incubi. Sogni deliziosi compresi.

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